Cellulare all’Estero: Tutto quello che Avreste Voluto Sapere
L’uso del cellulare all’estero ha sempre evocato, nell’immaginario collettivo, scenari apocalittici: il terrore di ritrovarsi con i costi telefonici fuori controllo. Anche oggi, nonostante siano cadute certe barriere, molti temono di usare lo smartphone fuori dai confini nazionali per paura di andare incontro a una spesa elevata. Vediamo perché non è più così.
Roaming: utilizzare il cellulare nell’Unione europea
Il 15 giugno 2017 rappresenta una data storica per la telefonia mobile, perché è il giorno esatto in cui è stato abolito il roaming – i costi extra per l’uso del cellulare all’estero – all’interno dei 28 Stati membri dell’Unione europea.
Tuttavia, ancora oggi, a distanza di oltre due anni dall’introduzione di questa novità, che ha fatto esultare che viaggia spesso all’estero, un po’ meno le compagnie telefoniche, c’è ancora molta confusione tra i clienti della telefonia aziendale, sui meccanismi che regolano l’uso del cellulare fuori dai confini nazionali.
Vediamo quindi insieme un breve ripasso delle regole, così da evitare sgradevoli sorprese nel conto telefonico. Ignorantia legis non excusat.
Quali e quanti sono i paesi compresi nell’Unione europea
Cominciamo col vedere quali e quanti sono effettivamente i paesi che un operatore come Vodafone, ad esempio, fa rientrare nell’Unione e nel vostro diritto di utilizzare il cellulare in queste zone come se foste in Italia. Eccoli qua, signore e signori.
Lista dei paesi compresi nell’Unione europea: Austria, Belgio, Bulgaria, Caraibi Francesi, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Gibilterra, Gran Bretagna, Grecia, Guernsey, Guyana Francese, Irlanda, Islanda, Jersey, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta (escluso Malta Marittimo), Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Réunion, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.
Notate qualcosa? Per ora lasciate stare, ci torneremo dopo a questa lista.
Quello che dovete sapere è che in tutti questi paesi i minuti, gli SMS e i Giga inclusi nella vostra offerta possono essere utilizzati come se foste nel salotto di casa vostra a Cernusco sul Naviglio. O quasi.
“Ma sempre nel rispetto delle politiche di utilizzo corretto”.
Questa dicitura, che tutti gli operatori inseriscono nelle loro condizioni contrattuali, sta ad indicare che vi dovete scordare di andare, col vostro telefonino italiano, a sollazzarvi nella Guyana Francese per 6 mesi all’anno poiché violereste le suddette politiche di utilizzo corretto. E la tintarella vi costerebbe cara.
Ecco cosa recita Vodafone in proposito sull’uso del telefonino in Europa:
Per usufruire della Sua tariffa nazionale anche all’interno dei paesi della Unione europea dovrà:
Provare di avere un legame stabile con l’Italia (c.d. stable link), qualora venisse richiesto, dimostrando di avere una P. IVA Italiana e la sede legale in territorio nazionale.
Rientrare nei limiti di utilizzo corretto del traffico dati stabiliti dal Regolamento per i piani con traffico dati incluso (c.d. Fair Usage Policy).
Utilizzare il servizio in modo non anomalo o abusivo. A tal fine il regolamento stabilisce che gli operatori monitorino che la presenza del cliente sul territorio nazionale sia prevalente rispetto alla sua presenza in Europa, e che il traffico roaming effettuato dal cliente in Europa, all’interno di un arco temporale continuo di almeno quattro mesi, sia usufruito in misura inferiore al 50 % del traffico totale effettuato. (c.d. Monitoring).
È tutto chiaro? Cristallino, direi. Qualora non rispettaste questi parametri, Vodafone (così come tutti gli altri operatori) potrebbe applicare un sovrapprezzo ai servizi in roaming anche se vi trovate all’interno della Ue.
Ma torniamo alla lista dei paesi compresi nell’Unione europea. Vi siete accorti che alla lettera “S” ne manca uno molto vicino a noi? Esatto, la Svizzera non è inclusa e se vi recate spesso in quel paese fate attenzione che il vostro piano tariffario includa gli amici elvetici perché, di base, il traffico voce e dati in quell’area è a pagamento.
Cosa sono e come vengono tariffate le chiamate internazionali
Questo è il tema su cui noto c’è maggior confusione. Cercherò quindi di semplificare al massimo l’argomento, ma senza tralasciare dettagli importanti.
Allora, cominciamo col dire che le chiamate internazionali sono tutte quelle telefonate che partono dall’Italia verso un qualunque paese straniero: Ue o extra Ue. Fin qui tutto facile.
Ma se dall’Italia chiamate un cellulare italiano che si trova, per esempio, a Parigi: questa è considerata una chiamata internazionale? No! Non è una chiamata internazionale e a voi non costa nulla, in qualunque parte del mondo si trovi codesto cellulare italiano che state contattando: Parigi, Berlino, Sudafrica…
Le chiamate internazionali sono quelle che prevedono una telefonata verso un numero di rete fissa o di rete mobile straniero.
Se invece di chiamare il cellulare del vostro amico italiano che si trova a Parigi, aveste chiamato il centralino dell’Hotel Ritz, dove egli alloggia (il vostro amico è uno che se la passa bene), allora sì che avreste effettuato una chiamata internazionale.
Ma non avreste comunque speso un centesimo perché Parigi rientra nei paesi dell’Unione e tutte le telefonate all’interno dell’Unione, come ormai avrete capito, sono incluse nel vostro piano tariffario italiano. E se questo piano prevede una tariffa flat, potrete tranquillamente fare nottata al telefono col vostro amico.
Diverso è se effettuate una chiamata internazionale verso un paese fuori dall’Unione (telefonate extra Ue). Se per lavoro, o per piacere, fate spesso chiamate verso numeri di rete fissa o di rete mobile stranieri, allora assicuratevi di avere una tariffa telefonica che comprenda questo tipo di traffico. Le soluzioni ci sono e sono alla portata di chiunque, ormai.
Il roaming entrante e il roaming uscente fuori dall’Unione europea
Ecco, qui le cose cominciano a complicarsi un po’, ma niente paura. Se in Europa, come abbiamo visto, potete scorrazzare liberamente col vostro cellulare come foste in Italia, fuori dall’Europa invece siete soggetti ai costi di roaming, i quali variano da operatore a operatore e da paese a paese.
Un elemento da tener sempre presente, che a quanto pare a molti sfugge, è che fuori dalla Ue si paga anche per le telefonate ricevute: roaming entrante. Ergo, il roaming uscente sono le telefonate che fate voi.
Sì, anche se chiamate un cellulare italiano siete soggetti al roaming uscente; sì, anche se vi chiama mammina per sapere come state, lei non paga nulla, ma voi pagate il famigerato e fastidiosissimo roaming entrante. A meno che non abbiate attivato un’opzione che vi copra per il traffico telefonico extra Ue.
Roaming in Nave: quello che non ti aspetti
Vediamo ora una situazione un po’ al limite, se vogliamo, ma su cui vi invito a mettere una punta di attenzione.
Ogni volta che nell’anima vi scende come un novembre umido e piovigginoso e decidete che per farvi passare il malumore e la malinconia ci starebbe bene una bella crociera, sappiate che in questo caso sarete soggetti al Roaming in Nave.
Con questo servizio potrete utilizzare il vostro fidato cellulare per effettuare e ricevere chiamate, inviare e ricevere SMS o navigare in Internet mentre siete in traghetto o vi trovate su una splendida nave da crociera. C’è solo un piccolo dettaglio: usare il cellulare in queste situazioni ha un costo non indifferente.
Ogni operatore ha le sue offerte, ma mediamente è una comodità piuttosto onerosa. Quello che forse non sapete e se anche lo sapete vale la pena ricordarlo, è che il Roaming in Nave (quella “R” che improvvisamente vi compare sul display del telefonino) scatta anche se siete fermi, ancorati in un porto italiano e alla portata di un ripetitore terrestre.
In sostanza, quando mettete piede su una nave da crociera, l’unico modo per sfuggire al roaming in nave e al suo salasso è quello di disattivare questa funzione agendo direttamente sulle impostazioni del telefonino.
1925/2015, 90 anni di cultura Italiana
1985 · telefono cellulare
Dispositivo portatile per le comunicazioni telefoniche che passino per il sistema di trasmissione radio della telefonia cellulare. ► Sin.: cellulare, telefonino.
L'espressione si affaccia su alcuni periodici (“Espresso” ed “Europeo”). Nel 1986 comparirà per la prima volta sulla “Stampa” (24 ottobre).
In principio...
Odio il telefonino. Quando vedo per strada un essere umano (umano si fa per dire) curvo sul suo cellulare, che parla a voce alta, incurante di chi gli sta intorno, provo un acuto senso di ribrezzo. Penso che nelle città ci dovrebbero essere appositi luoghi di decenza, tipo vespasiani, per consentire, a chi gli scappa, di telefonare senza essere visto (Luciano De Crescenzo, Il caffè sospeso. Saggezza quotidiana in piccoli sorsi, Milano, Arnoldo Mondadori, 2008, p. 81).
Viviamo nell’era dell’iperconnessione e del mito della perenne reperibilità, ed è difficile oggi pensare a un passato in cui i telefonini non esistevano. Eppure non molti anni fa, nel 1987, l’avvento dei cellulari era ancora solo auspicato, non senza qualche preoccupazione. Ecco cosa scriveva “la Repubblica” il 20 febbraio di quell’anno:
In Svezia e nei paesi nordici è allo studio addirittura una rivoluzione delle comunicazioni destinata a chiudere drasticamente con il passato. Si tratta del “telefono cellulare”. In pratica i singoli apparecchi saranno in contatto con una serie di centrali sparse sul territorio via radio e quindi il telefono non sarà localizzato a casa o in ufficio, ma potrà seguire l’utente ovunque. Tenere a freno la nuova tecnologia si sta rivelando ogni giorno sempre più impossibile (Arturo Cocchi, Ma la tecnologia e i satelliti stanno battendo molti monopoli).
Chi avrebbe mai pensato che, meno di trent’anni dopo, sarebbe stato normale per gli italiani avere non uno, ma più di un cellulare a testa? E che, rispondendo a una chiamata, non si sarebbe più chiesto “Chi parla?”, ma piuttosto “Dove sei?”. Un telefono «così piccolo, leggero, nomade», ha scritto Fausto Colombo, «ci accompagna e porta con sé la nostra dimensione relazionale. Dentro al cellulare ci sono infinite tracce del nostro modo di vivere, della nostra storia e delle nostre attitudini. Infatti, smarrirlo è un lutto, come perdere il gatto o subire una qualche amputazione, simbolica e non» (Colombo 2001: 27).
Le prime attestazioni di telefono cellulare, che deve il suo nome alla tecnologia utilizzata (a “celle radio”, anche se a volte le celle diventano impropriamente cellule), risalgono al 1985; si va dall'“Europeo” (num. 41, p. 195) all'“Espresso” (Giorgio Rivieccio, Quel telefono ha una marcia in più, num. 31, p. 195):
Il telefono cellulare prevede la suddivisione del territorio in una serie di aree 0 “cellule” di circa 2-3 chilometri quadrati, ognuna delle quali viene servita da un ricetrasmettitore fisso che lavora su una banda di frequenza più elevata (450 MHz). […] Quando l’auto passa da una cellula all’altra, un computer provvede a trasferire istantaneamente la comunicazione sulle frequenze libere della nuova zona senza che l’utente se ne accorga.
Nel 1986 le testimonianze dell'espressione diventeranno più numerose; eccone un paio, una giornalistica e l'altra no:
Il telefono cellulare appare un valido strumento per molte categorie di utenti (medici, dirigenti d’azienda, operatori di imprese e di trasporti, guidatori di auto pubbliche) ma finirà per condizionare, si prevede, la libertà individuale. La reperibilità dell’abbonato, sia che si trovi in casa, in ufficio o in movimento, diverrà totale (Piero Casucci, Radiotelefono, è bello, “La Stampa”, 24 ottobre).
Telefono a bordo. Necessario per il playboy come l’aria che si respira. Scegliere l’ultimo nato nel mondo delle telecomunicazioni: il telefono cellulare della Sip (Renzo Barbieri, 1986, Il manuale del playboy, Sonzogno, Milano, p. 78).
Con il passare degli anni l’oggetto avrebbe assunto diversi altri nomi: cellulare, mobile e soprattutto telefonino. Ma perché diventasse “ino” sarebbe dovuto passare del tempo.
Dal telefono-mattone al telefonino
Prima degli anni Settanta la telefonia mobile era limitata a telefoni installati nelle automobili: i primi modelli risalivano al 1946 ed erano della Bell System; il loro peso, circa 36 chili, li rendeva piuttosto scomodi da maneggiare. Il 3 aprile 1973 Martin Cooper, ricercatore ed ex-vicepresidente della Motorola, inoltra la prima chiamata “mobile” da un prototipo di Motorola DynaTAC mentre si trova a New York, sulla Sixth Avenue, di fronte all’Hilton. La telefonata era diretta a Joe Engel, che lavorava presso i Bell Laboratories AT&T ed era impegnato su un progetto simile; Cooper informava l’amico e rivale che ce l’aveva fatta: alla Motorola erano riusciti a tradurre il sogno in realtà. Il telefono cellulare Motorola pesava 1.1 chili, e le sue misure erano queste: 23 x 13 x 4.45 cm; consentiva fino a mezz’ora di tempo di conversazione prima di scaricarsi e impiegava dieci ore a ricaricare la batteria (Cheng 2013).
Nel 1983 Motorola produce il primo modello commerciale, un’evoluzione del prototipo di dieci anni prima: è il DynaTAC 8000X, del peso di “soli” 793 grammi, in vendita a 3.995 dollari (circa 9.500 di oggi); il costo è alto, ma ne vengono venduti più di 300.000 esemplari. Il DynaTAC, amichevolmente brick phone (“telefono-mattone”), è anche il cellulare di Gordon Gekko, interpretato da Michael Douglas, in Wall Street (1987) di Oliver Stone, ambientato nel 1985; più di vent’anni dopo gli sarà dedicato un cameo nel sequel del film, Wall Street: Il denaro non dorme mai (2010): all’inizio della pellicola, che narra avvenimenti del 2001, Gekko esce di prigione dopo diversi anni di reclusione e, tra gli oggetti che gli vengono riconsegnati, c’è anche il suo obsoleto telefono-mattone.
Il primo proto-smartphone è del 1994; si tratta del Simon IBM, dotato di touch screen monocromatico e varie funzioni avanzate (calendario, rubrica, calcolatrice, posta elettronica, etc.). Uno dei modelli di cellulare più amati di tutti i tempi è stato però il Nokia 3310 GSM, lanciato sul mercato nel 2000, conosciuto come il telefonino indistruttibile per eccellenza; nel 2007 arriva infine sul mercato il primo Iphone, oggetto di un vero culto (Kleinman 2013).
Italia, paese di nevrotici chiacchieroni
Il primo cellulare italiano viene messo in vendita nel 1990, in occasione dei mondiali di calcio; è prodotto dalla Italtel, si chiama Rondine e pesa circa mezzo chilo (una produzione italiana di terminali mobili non sarebbe poi mai decollata: cfr. Cantoni e altri 2011: 773-783). La penetrazione del cellulare, nel nostro paese, era al 158% già nel 2014: più di una SIM e mezza a persona in circolazione (la percentuale negli USA, nello stesso anno, è del 103%: Kemp 2014). Una passione nazionale che a volte sconfina nel malcostume o nel vizio; nel 2006 Aldo Baglio, in una pubblicità Wind, si faceva chiamare con la scusa di essere diventato padre per farsi ricaricare il conto:
Aldo: Grazie! Un maschio!
Giovanni: Ma perché ti chiamano tutti?
Aldo: Ho detto a tutti che mi è nato un figlio!
Giovanni: Ma non è vero!!
Aldo: Lo so, ma così mi ricaricano il telefonino!
[…]
Aldo: M’hanno scoperto! Ma più mi insultano più mi ricaricano!
Ci sono momenti in cui il cellulare è quasi superfluo, ma si può sempre usare come macchina fotografica:
Silenzia il cellulare che non ti serve a niente.
A meno che non voglia fare una fotografia.
Di noi che ci abbracciamo forte e poi decolliamo via.
Jovanotti, Sabato (2014)
È noto che l’italico soffre stress post-traumatico da cellulare scarico,
tipo che l’iphone smette di scrivere e tu smetti di vivere.
Pazzo per gli autoscatti? Sei fotosensibile.
Fedez, Generazione Boh (2014)
L’aspetto quasi grottesco di certi atteggiamenti del DDT, il “Drogato Da Telefonino”, era già stato colto da Stefano Benni nel 1997. Che cosa accade se il DDT si trova in un locale in cui il cellulare non prende?
Il DDT inizia a percorrere in lungo e in largo la stanza, striscia contro i muri, sale sui tavoli, salta come un canguro alla disperata ricerca di un segno di vita della sua creatura. Spesso si può vedere il DDT in una delle seguenti posizioni:
a. modello “Statua della libertà”, in piedi sul tavolo col telefonino innalzato verso il soffitto;
b. modello “Gogna”, con mezzo busto fuori della finestra, braccio proteso e mezzo congelato;
c. modello “Frontiera”, deambulante avanti e indietro attraverso la porta, in un vortice di spifferi e proteste;
d. modello “Fisherman”, col cellulare legato a una canna da pesca infilata nello spioncino dell’aerazione in alto a destra;
e. modello “Delega”, nervosissimo dopo aver pagato un ragazzino perché gli tenga il cellulare fuori del locale. La percentuale di restituzione è del cinquanta per cento, ma pur di avere il telefonino in funzione, il DDT corre questo rischio;
f. modello “Eremita”, seduto sul cesso tutta la sera perché lì è l’unico punto dove riceve.
(Bar Sport Duemila, Milano, Feltrinelli, p. 121)
O dove si può messaggiare o navigare in santa pace, al riparo da occhi indiscreti.
Vera Gheno
Bibliografia
Beselor Sarah, 2010, Gordon Gekko’s Cell Phone, 23 settembre,
Cantoni Virginio, Falciasecca Gabriele, Pelosi Giuseppe, 2011 (a cura di), Storia delle telecomunicazioni, Firenze, FUP.
Cheng Roger, 2013, The First Call from a Cell Phone Was Made 40 Years Ago Today, 3 aprile,
Colombo Fausto, 2001, Il piccolo libro del telefono, Milano, Bompiani.
Kemp Simon, 2014, Social, Digital & Mobile Worldwide in 2014, 9 gennaio,
Kleinman Alexis, 2013, For The Cell Phone’s 40th Birthday, The 8 Most Important Cell Phones Ever, “The Huffington Post”, 4 marzo,
cellulare in francia
Buonasera a tutti,
io tra le sim italiane ho sia la 3 (a ricarica) sia tim (abbonamento che serve proprio per poter utilizzarlo per lavoro da qualsiasi parte che io sia ).
Non ho avuto problemi neanche con la 3, nè a Parigi nè in altre regioni francesi pure ho attraversato varie volte in lungo e in largo tutta la Francia in macchina.
(quando ero in Corsica, non avevo ancora la 3 ma vodafone, quindi di questo non so dire nulla, con l'altro operatore non avevo problemi.)
Piuttosto, mi sono accorta che sia 3 che tim che voda, in roaming, ad una certa ora cambiavano operatore in automatico senza che io mi spostassi un metro.
Per esempio sulla 3 da orange subentrava bouygues telecom mentre su tim l'operatore principale era SFR e poi cambiava la sera, sinceramente non ricordo su quale operatore.
So solo che nel cambio - che avveniva tutte le sere e tutte le mattine - per pochi minuti risultava la linea assente.
Per telefonare Francia/Francia uso comunque un sim francese... ma non c'erano problemi neanche con i sim italiani, solo che non mi convenivano sempre.
Buona serata e buon fine-settimana a tutti.
Modificato: 7 anni fa